Gli ambienti digitali e l’evoluzione del consumatore: i Millennial

Le informazioni viaggiano con una velocità mai vista prima e viviamo in un mondo iperconnesso, in cui non vi è più solo uno scambio di informazioni/dati tra persone e persone o computer, oggi le informazioni viaggiano sulla rete internet e raggiungono macchine e dispositivi definiti “smart-things”, siamo all’alba di una nuova rivoluzione industriale che basa il suo sviluppo sulla diffusione di tutto ciò che può essere definito digitale, in forte contrapposizione al nostro recente passato analogico. Si parla dunque di ambienti digitali in riferimento a l’attuazione di scambi, relazioni, processi economico-sociali sviluppati con l’uso dell’Information & Communication Technology (ICT). Analizzando le caratteristiche tecnologiche riguardanti la digitalizzazione dell’informazione e la sua efficienza, siamo in grado di capire in modo molto semplice come i cambiamenti e le innovazioni siano rapide ed esponenziali, come chiunque di noi viva già all’interno di un ambiente digitale anche se non ne è pienamente cosciente.

Rispetto all’ambiente analogico nel quale l’uomo ha vissuto sino all’inizio del nuovo millennio, l’ambiente digitale fa della codifica e del trasferimento delle informazioni con costi contenuti, pur comunque mantenendo la loro peculiarità e quindi essendo molto efficiente, la sua caratteristica principale insieme alla velocità del trasferimento stesso. Le informazioni, poi, possono essere riprodotte senza errori e manipolate senza distorsioni, nell’ambiente digitale la copia è uguale e identica all’originale.

Con il passaggio al nuovo millennio e la diffusione su larga scala della tecnologia digitale (fotocamere, videocamere, telefoni, televisioni, etc…) unitamente alla diffusione mondiale della rete di collegamento informatico conosciuta come “internet”, si è attuata la “modernità liquida” descritta da Bauman nella sua celebre opera edita proprio col nuovo millennio e tradotto in italiano solo due anni più tardi[1]. Protagonisti di questo cambiamento epocale, cittadini a pieno titolo degli ambienti digitali sono quei ragazzi meglio conosciuti come i “Millennial”, oggi i 18-30enni, sono i primi ad aver passato l’adolescenza negli ambienti digitali e ad avere una vita parallela all’interno dei social network. È questo quello che li rende diversi dalle generazioni precedenti, perché la loro identità e i loro modelli relazionali (io e noi) si sono formati nei sistemi connessi, in cui spazio, tempo, regole di buone norme di comunicazione non esistono più.

I Millennial, conosciuti anche come Generazione Y, sono i consumatori del presente e del prossimo futuro, a loro i Brand guardano con forte interesse ed a loro indirizzano le proprie strategie, in Italia, e nel resto del mondo, i nati tra il 1980 e il 2004 sono un mercato molto interessante hanno almeno un profilo social e utilizzano internet in mobilità.

Sondaggio: I risparmiatori di domani; a cura di DEMIA – marzo 2015

Sono cresciuti con la consapevolezza che una cosa in rete può essere effimera e perpetua nello stesso tempo, la categoria mentale del tempo, con cui i Millennial percepiscono le cose attorno a loro, assume una valenza molto diversa dal passato: non scandisce il passare degli eventi in modo lineare,  ma se non scompare del tutto diventa un carattere, una qualificazione dell’informazione, dei contenuti. Un vecchio post di TripAdvisor influenza le nostre scelte d’acquisto come fosse stato pubblicato oggi, una qualsiasi cosa accaduta anni fa ritorna ad essere attuale se acquisisce rilevanza nei social o se viene sponsorizzata, la mia reputazione personale è fatta da come sono ma molto di più da come sono stato. Ogni fenomeno viene socializzato, la trasparenza di persone e organizzazioni è sempre più premiata ed apprezzata e quindi per le aziende è fondamentale tenere sotto controllo la brand reputation e monitorare le conversazioni che avvengono intorno al brand. I Millennial vogliono essere protagonisti della propria vita, possono comunicare in modo semplice, veloce ed economico ad un gran bacino di spettatori e questa è una possibilità mai vista prima di adesso.

D’altro lato, inoltre, il futuro non esiste: l’incertezza della situazione sociale ed economica, insieme a questa naturale attitudine dei Millennial nel vivere il momento, distrugge ogni previsione, progetto, pensiero nel lungo periodo. Sanno che tutto cambia velocemente, che molto dipende da cosa fanno oggi, che il futuro è incerto. Se non fate parte di questa generazione, immaginate voi ad esser cresciuti in un mondo in cui un banner scompare se non ci clicchi subito sopra, o in cui ritornano i vostri amici di infanzia dopo anni e anni di silenzio, per poi scoprirli fondamentalmente uguali a prima. A tutti oggi capita, in effetti, e questo è il mondo contemporaneo, ma loro ci sono cresciuti, sono cresciuti in questo ambiente digitale e ne hanno fatto stile di vita e valori.

In un articolo del TIME “Millennials: The Me Me Me Generation” si dice che i Millennial siano:

  • Pigri, superficiali e narcisisti;
  • Tutto gli è dovuto;
  • Vogliono lasciare il segno;
  • Sono i cultori della filosofia dello “sharing”;
  • Sono orientati all’utilizzo esclusivo del cellulari;
  • …ma non sono felici.

Non sono felici perché vittime di strategie fallimentari di educazione familiare, oggetto di raccomandazioni hanno sempre avuto strada facile credendo di essere speciali; Non sono felici perché la felicità è qualcosa che si comunica tramite contenuti social costruiti adhok e l’uso incondizionato della tecnologia crea dipendenza come le proibite sostanze alcoliche ed il tabacco, infatti l’interazione con i social network e più in generale con lo smartphone rilascia nel sangue una sostanza chimica che si chiama dopamina e che crea dipendenza; Non sono felici perché sono impazienti, abituati ad avere tutto disponibile in breve tempo (prodotti su Amazon, film su Netflix, cibo su JustEat) non riescono a dedicare il giusto tempo alla costruzione di rapporti sociali reali; Non sono felici perché si confrontano continuamente con ambienti in cui contano i numeri, le prestazioni, chi si affaccia sul mondo del lavoro deve avere già esperienza e tutto ciò crea disagio e fa sentire i Millenials colpevoli di non essere all’altezza.

Quindi i Millennial stanno sostituendo inefficacemente i bisogni di stima e affetto con la tecnologia e credono che la felicità si possa comprare, emblematico il video illustrato “Happiness” di Steve Cutts in cui in un mondo di topi si è alla ricerca continua della felicità ben promessa dai media e dalle multinazionali.

Cutts utilizza proprio i brand e la loro immagine ben radicata nella mente dei consumatori per marcare in modo chiaro e inequivocabile il concetto che il motore del commercio oggi non sono più i bisogni, ma la ricerca di una ideale felicità e i brand lo sanno bene.

Uno studio dell’Università di Houston, pubblicato dal prestigioso Journal of Social and Clinical Psychology conferma il tabù riguardo ai social network: i social media provocano stress, e lo stress è causato dall’assistere allo spettacolo delle vite degli altri e della loro apparente felicità[2]. Le immagini, le conversazioni, le sensazioni e le emozioni diventano senza tempo facendoci vivere in un continuo ricordo del presente passato.

È facile ipotizzare come il modo di fare marketing di oggi, così come fatto negli ultimi 50 anni di teorie sulla comunicazione e sul consumatore, non è più funzionante per i Millennials, occorre fare attenzione, non ha perso rilevanza perché quel tale prodotto non va più di moda, perché consumano in modo differente, perché non guardano più la TV. Il marketing ha perso rilevanza perché non considerava a dovere il contesto, l’attualità, il presente. Il marketing pensa ancora a processi decisionali lunghi settimane, persa a dinamiche di comunicazione sequenziali, pensa che basta essere nel “Top of Mind” per poter ritornare in mente anche nel momento dell’acquisto.

Il Marketing in ambienti digitali cambia prospettiva: parte da ciò che sta accadendo oggi per costruire sopra storia e significato, non viceversa, l’instant marketing e il cavalcare il “word of mouth” sono le strategie di comunicazione attualmente che più fanno presa su questo nuovo target. Il comunicatore di successo, oggi, è un cronista della modernità: identifica velocemente le tendenze, usa l’arte dello storytelling e interpreta con occhio critico quello che accade.

Negli ambienti digitali il brand è opinion leader e vive nell’immediatezza. Il Brand è digitale, smaterializzato, decontestualizzato, ma nel contempo il brand è personificato, ha un suo carattere e dei valori ben definiti. Ma i Brand devono fare molta attenzione perché negli ambienti digitali i passaggi di posizionamento e l’oscillazione della brand equity sono rapidi e pericolosi, mai come oggi il Branding arriva ad avere un valore di gran lunga superiore al prodotto o al servizio stesso, c’è una Generazione che chiede appartenenza, una Generazione che chiede ispirazione e gratificazione, questi sono i nuovi prodotti che i Brand devono commercializzare per avere successo. Le marche hanno quindi un rinnovato ruolo sociologico così descritto, già nel 2006, in Brand Storming[3] :“Laddove la cultura di un brand assume consistenza e diventa convenzione, il consumatore ha trovato certezze che difficilmente abbandonerà, soprattutto quando queste hanno un fondamento spirituale. Il fatto che questa cultura trovi espressione e condivisione in una molteplicità di contesti, consente di rafforzare ulteriormente l’identificazione che il consumatore ha con il modello culturale di cui il brand si fa portatore. La creazione di una cultura di brand è quindi un fenomeno collettivo e, in quanto tale, ha un impatto rilevante sulla società subendone gli umori, ma contribuendo a crearne di nuovi”.

[1] Modernità liquida, Roma-Bari, Laterza, 2002.
[2] Melissa Carrol, 06/04/2015 UH Study Links Facebook Use to Depressive Symptoms, http://www.uh.edu/news-events/stories/2015/April/040415FaceookStudy
[3] M.Fioroni, G.C. Titterton, Brand Storming, PowerhouseBooks, New York 2006

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